Con oltre 4,2 milioni di tonnellate, in aumento la produzione di grano duro in Italia. Un dato superiore di circa il 20% rispetto al 2024 e del 12% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Le condizioni particolarmente favorevoli in Sicilia, Basilicata e parte della Puglia, unitamente all’espansione delle superfici coltivate, in crescita del 9,5% a livello nazionale secondo i dati Istat, i fattori alla base della positiva previsione presentata nell’ambito dei Durum Days 2025, evento internazionale, giunto alla decima edizione, che ogni anno riunisce a Foggia le sigle della filiera grano-pasta per fare il punto sulla produzione di grano attesa in Italia e nel mondo. L’iniziativa, tenutasi presso l’Auditorium della Camera di Commercio del capoluogo dauno, è stata organizzata e promossa da Assosementi, Cia – Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Compag, Italmopa, Unione Italiana Food e Fedagripesca Confcooperative.

Accrescere la competitività del comparto rafforzando le relazioni di filiera
Tracciare un percorso comune, dunque, per il futuro di un comparto che è alle prese con quotazioni di grano duro al ribasso e un mercato sempre più incerto anche per la sensibilità a variabili climatiche, geopolitiche ed economiche. «Cooperazione e qualità sono le parole d’ordine – ha affermato Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative – Uno perché la qualità è comunque sempre indispensabile, considerando la destinazione dei nostri cereali, del nostro grano duro, in modo particolare, che è quello di produrre pasta di alta qualità. Cooperazione perché è ciò di cui stiamo soffrendo in questi periodi, in queste annate, al di là del cambiamento climatico e quindi delle difficoltà produttive sulle quali è chiaro si apre un capitolo completamente diverso ma c’è anche un problema di volatilità dei prezzi che sta veramente mettendo in difficoltà le imprese agricole. Attualmente i prezzi sono al di sotto della soglia di sostenibilità economica e quindi abbiamo la necessità di porre mano a questo problema e credo che l’unica vera soluzione sia quella di aggregare la produzione, di governare l’offerta del prodotto, di governare l’immissione sul mercato di questo prodotto, programmandola con le industrie e programmandola attraverso dei contratti di filiera e quindi mettendo in atto strumenti che in parte esistono già, ma che vanno rafforzati incrementando il livello di aggregazione alla base, cioè il livello di aggregazione dei nostri agricoltori, il livello di aggregazione della produzione. Credo che questo – ha concluso Drei – sia assolutamente strategico per tutelare il prezzo del prodotto e quindi non incorrere in situazioni così altalenanti come stiamo vedendo in questi in questi mesi».

Puglia, granaio d’Italia
«Il Durum Days è l’occasione per avere i dati della campagna in corso, per capire qual è l’andamento del mercato e anche per sapere cosa accade nel mondo rispetto a questo importante prodotto che è il grano duro di cui la Puglia è il maggiore produttore – ha affermato Giorgio Mercuri, presidente di Confcooperative Puglia – Foggia è la terra del grano duro. Ecco perché quella di oggi è un’occasione per rafforzare il rapporto lungo tutta la filiera. Produzione, trasformazione, pastai non possono che essere compatti sulla valorizzazione di un prodotto made in Italy di origine italiana come il grano duro, la nostra semola, la nostra pasta. Per fare questo abbiamo la necessità di rafforzare queste filiere ma abbiamo anche la necessità di chiamare in campo il soggetto più importante, che poi è quello che mette a disposizione del consumatore il nostro sacrificio, il nostro lavoro di tutti i giorni ovvero la grande distribuzione. Ci auguriamo – conclude Mercuri – che già dalla campagna 2026 a questi tavoli del Durum Days ci sia anche la grande distribuzione».

Rispetto al quadro internazionale, delineato dagli analisti di Areté, dopo l’aumento dello scorso anno, le produzioni di grano duro a livello mondiale quest’anno sono globalmente previste in leggero calo per via di minori raccolti nei Paesi esportatori, in particolare in Nord America (Canada -7%, Stati Uniti -9%, Messico -78%), che non sarebbero compensati dalle maggiori produzioni nei Paesi importatori (UE +10%, Nord Africa +15%). La prospettiva di una maggiore produzione europea limita la possibilità di tensioni sui prezzi italiani. Tuttavia, il calo produttivo nei Paesi esportatori, unito a scorte mondiali ancora ridotte, renderebbe il mercato vulnerabile a potenziali ondate di volatilità rialzista nel caso in cui i raccolti dei Paesi importatori risultassero inferiori alle attese.