29 Ottobre 2025

Tagli alla nuova PAC, agricoltura sotto attacco

Con i probabili tagli alla Politica Agricola Comune 2028-2034 l’Unione Europea apre una nuova, controversa stagione per la politica agricola. Il Parlamento europeo voterà a settembre, ma la PAC, pilastro dell’integrazione europea dal 1962, rischia di perdere il suo carattere comune.

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La proposta della Commissione europea per la Politica Agricola Comune (PAC) 2028-2034, presentata il 16 luglio 2025, che prevede un taglio del 24% delle risorse destinate all’agricoltura e una gestione più centralizzata a livello nazionale, ha scatenato le durissime reazioni degli agricoltori e delle associazioni di categoria.

Occorre considerare che quella avanzata dalla Commissione Ue è solo una proposta, che nei prossimi mesi potrebbe essere modificata, anche radicalmente, e che poi dovrà essere votata da tutti i Governi europei e dal Parlamento Ue. Ma le novità emerse non sono affatto rassicuranti.

© Foto: symbiot/shutterstock

295 miliardi di euro destinati all’agricoltura, 90 in meno dell’attuale programmazione

Cominciamo dal taglio dei fondi. Quelli destinati all’agricoltura – senza tenere conto dell’effetto erosivo dell’inflazione – saranno 295 miliardi di euro, circa 90 in meno dei 386 miliardi dell’attuale programmazione.

Un segnale preoccupante, probabilmente figlio della nuova visione di un’Europa che non pone più la produzione di cibo al vertice delle priorità.

Se oggi l’agricoltura rappresenta una delle colonne portanti della politica europea nel nuovo Quadro Finanziario Pluriennale entrerà in un Fondo unico da 865 miliardi, che accorpa PAC, coesione, immigrazione e controlli alle frontiere, gestito direttamente dagli Stati membri seguendo il modello del Pnrr.

Nel nuovo pilastro, chiamato Piano di Partenariato Nazionale e Regionale, sono stati però posti dei paletti: a Bruxelles hanno stabilito che 295 miliardi è il budget minimo per la Pac, precisando poi che ogni Governo ha il potere, all’interno di un perimetro definito, di aumentare il budget, evitando il taglio di fondi ad oggi previsto.

Un sottile espediente che oltre a ridurre il ruolo delle Regioni e del Parlamento europeo, aumentando la discrezionalità nazionale, scarica le eventuali future responsabilità dei minori fondi destinati all’agricoltura a ciascun Governo.

Una pericolosa deriva che potrebbe avere effetti devastanti sulla filiera agroalimentare, in un’Europa, sempre più orientata verso la competitività globale, che rischia di perdere il legame con le sue radici rurali.

© Foto: KLAW MEDIA/shutterstock

Più semplificazione e più efficienza, ma la proposta non piace a tanti

Oggi, nell’attuale PAC, i pagamenti diretti vengono ricevuti da Bruxelles, mentre lo sviluppo rurale è gestito a livello regionale. Nella proposta della Commissione europea per la Politica Agricola Comune 2028-2034 questa struttura viene eliminata e ogni Stato dell’Unione Europea avrà più libertà di disegnare la politica agricola sulle esigenze dei propri territori.

Si dovrebbe avere una maggiore semplificazione e un utilizzo più efficiente delle risorse. Ma il nuovo sistema risponderà effettivamente alle reali esigenze degli agricoltori?

Una proposta che non piace a tanti, soprattutto agli agricoltori che non accettano lo stanziamento, da parte dell’Unione Europea, di 150 miliardi per la difesa e addirittura di 200 per la politica estera. E che sono preoccupati dalle nuove priorità di Ursula von der Leyen che si trova a dover gestire oltre al conflitto tra Russia e Ucraina e alla crescente immigrazione, la corsa allo sviluppo tecnologico e la sfida dei dazi con gli Stati Uniti.

In Puglia saranno oltre 70 mila gli agricoltori colpiti dai tagli della nuova PAC. Pac che ad oggi, secondo il 70% degli europei (indagine Eurobarometro), contribuisce a fornire ai consumatori alimenti di alta qualità, sicuri, sani e sostenibili.

© Foto: Puglia Verde

 

Tutti scontenti, anche gli ambientalisti che bocciano la riforma

Senza considerare che una marginalizzazione dell’agricoltura in Europa e in Italia (mentre Stati Uniti e Cina aumentano considerevolmente gli investimenti nel settore) apre la strada alle importazioni dall’estero, con conseguenze estremamente negative per il comparto agricolo locale, impegnato ogni giorno a garantire produzioni di qualità e a tutelare il territorio.

Ci sono due anni per combattere questa pericolosa deriva e, sono sicuro, che la mobilitazione del settore agricolo farà registrare un autunno caldo. Una mobilitazione alla quale – udite udite – potrebbero partecipare anche gli ambientalisti, che denunciano la mancanza di vincoli obbligatori per clima e biodiversità e un indebolimento della transizione agroecologica, bocciando una riforma che segna, a loro dire, un passo indietro nella sostenibilità.

Staremo a vedere.

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